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Evoluzione della Terminologia e Interpretazione Dimensionale dello Spettro Autistico

Dalla Sindrome di Asperger al Disturbo dello Spettro Autistico

La “sindrome di Asperger” prende il nome dal medico austriaco Hans Asperger, che per primo ne descrisse la sintomatologia nel 1944. Asperger individuò una serie di tratti comportamentali nei bambini che non corrispondevano ai criteri diagnostici dell’autismo infantile di Leo Kanner. Questi tratti, tra cui difficoltà di comunicazione sociale, interessi ristretti e ripetitivi e rigidezza di pensiero, erano differenti da quelli descritti da Kanner. Inizialmente definita “psicopatia autistica di Asperger”, è divenuta nota come “sindrome di Asperger” per distinguerla dalle altre forme di autismo.

Il concetto di spettro autistico si propone come dimensionale, con un’unica denominazione che racchiude tutte le sfaccettature della neurodivergenza, fornendo dettagli specifici sul grado di espressione. Vi sono tre livelli di espressione, dal Livello 1 al Livello 3, in base al grado di supporto necessario per la comunicazione sociale e i comportamenti ripetitivi e restrittivi. Tuttavia, è importante non utilizzare il livello di gravità come unico indicatore per l’accesso ai servizi, poiché ogni caso dovrebbe essere valutato individualmente, considerando le priorità e gli obiettivi personali.

Nonostante il termine “sindrome di Asperger” sia stato sostituito con “Disturbo dello Spettro Autistico – Livello 1” nel DSM-5 del 2013, molti continuano a utilizzarlo poiché è largamente compreso dal grande pubblico e può essere usato per cercare informazioni aggiuntive. La terminologia Asperger è tuttora utilizzata anche da media e pubblico in generale. Tuttavia, è fondamentale riconoscere che Asperger non è più un termine diagnostico ufficiale, ed è sostituito dalla denominazione “Disturbo dello Spettro Autistico – Livello 1”, più accurata per contesti clinici e di ricerca. È da notare che la sindrome di Asperger può rientrare anche nei livelli 2 e 3 dello spettro autistico.

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